“A trentatrè anni, Secondo affronta gioie e dolori quotidiani, ma non pensa che la sua vita possa subire ormai bruschi e radicali cambiamenti, né che l’orizzonte possa cambiare di colpo, in Romagna, come in Italia, come in Europa.
Dopo gli anni duri del 1922-25, la Romagna com’è stata coinvolta nei grandi avvenimenti internazionali? Qualcuno è partito per la guerra di Spagna a combattere per Franco o contro Franco. Gli antifascisti emiliani e romagnoli sono finiti al confino o hanno lasciato l’Italia. Anche in Romagna battono le mani al romagnolo Mussolini che incita le folle dai Balcani, che posa davanti ai fotografi delle trebbiatrici, che guida i gerarchi al passo dell’oca, che nuota a Riccione in stile olimpionico. <Si dice> racconta Raoul, <che una volta Mussolini si sia fermato ad ascoltare la musica di Secondo Casadei e sia rimasto più di un’ora a battere le mani entusiasta>. Secondo, invece, è sempre stato sospettoso verso il Duce; Secondo è anticonformista, ama le feste e la libertà. Le feste restano le feste, il ballo resta il ballo: non possono essere battezzati, non si fanno imporre distintivi. Il momento della festa resta il momento che esprime lo spirito estroso e ribelle dei romagnoli.
Il fascismo, invece, ha la tendenza a celebrare, con il suo autoritarismo e imperialismo, la lotta, l’eroismo irrazionale e luttuoso (il suo emblema è la camicia nera), il razzismo e la guerra. E la guerra arriva: prima sarà una calamità, poi diventerà una catastrofe.”
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Tratto dal libro Lo Strauss della Romagna
di Leandro Castellani – Edizioni Minerva (2018)